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Santi del 30 Giugno

Il mio Santo > I Santi di Giugno

*Sant'Adolfo di Osnabruck - Vescovo (30 Giugno)

Westfalia, circa 1185 - 30 giugno 1224
Figlio dei conti di Tecklenburg nella Westfalia, nato verso il 1185, da giovane entra a far parte del clero di Colonia e diventa canonico della cattedrale.
Visitando il convento dei Cistercensi di Altenkamp, rimane colpito dalla vita monastica. Chiede e ottiene, così, di restare nel monastero.
Poco dopo, però, sia a causa dei suoi illustri natali sia anche per la fama della sua virtù, nel 1217 viene eletto vescovo di Osnabruck. Durante i sette anni del suo episcopato si distingue per semplicità di vita. Ha grande cura per i poveri e i lebbrosi, a favore dei quali distribuisce i proventi dei suoi possedimenti.
Attivo e sollecito della vita spirituale della diocesi, si interessa dei monasteri compresi nella sua giurisdizione e riforma le dame regolari di Herzebrack, sottoponendole alla regola benedettina. Muore il 30 giugno 1224, ma nei martirologi dell'Ordine cistercense è commemorato l'11 febbraio. (Avvenire)

Etimologia: Adolfo = nobile lupo, dal tedesco
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Osnabrück in Sassonia, sempre in Germania, Sant’Adolfo, vescovo, che accolse nel monastero di Altencamp le consuetudini cistercensi.
Figlio dei conti di Tecklenburg nella Westfalia, nato verso il 1185, giovanetto entro a far parte del
clero di Colonia e divenne canonico della cattedrale. Visitando un giorno il convento dei Cistercensi di Altenkamp, rimase scosso e ammirato della loro penitenza, e, sentendosi attratto alla vita monastica, chiese e ottenne di restare nel monastero. Poco dopo, però, sia a causa dei suoi illustri natali sia anche per la fama della sua virtù, nel 1217 A. fu eletto vescovo di Osnabruck.
Durante i sette anni del suo episcopato si distinse per una grande semplicità di vita, conservando la modestia delle abitudini monacali; ebbe grande cura e sollecitudine per i poveri ed i lebbrosi, a favore dei quali distribuiva buona parte dei proventi dei suoi possedimenti.
Attivo e sollecito della vita spirituale della diocesi, si interessò dei monasteri compresi nella sua giurisdizione e riformò le dame regolari di Herzebrack, sottoponendole alla regola benedettina.
Adolfo morì il 30 giugno 1224, ma nei martirologi dell'Ordine cistercense è commemorato l'11 febbraio.
Venerato ben presto come Santo, non è stato, però, mai ufficialmente canonizzato; il primo altare in suo onore fu eretto nel duomo cli Osnabruck solo nel 1632, e nel 1651 il vescovo, alla presenza del Capitolo e di molti fedeli, fece aprire il suo sepolcro e riporre le reliquie in un luogo onorifico: ciò però non può valere corne una elevatio, rito già in uso nel Medioevo abolito definitivamente coi decreti di Urbano VIII del l634.
Tuttavia la sua festa si celebra ancora oggi ad Osnabruck e presso i Cistercensi, non l'11, ma il 14 febbraio per la occorrenza della festa dell'apparizione di Lourdes.

(Autore: Alfonso M. Zimmermann - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Adolfo di Osnabruck, pregate per noi.

*Beato Ambrogio de Feis - Certosino (30 Giugno)

† Chiusa Pesio, Cuneo, 1540
Ambrogio fu probabilmente nativo di Bene Vagienna. Appartenne alla nobile famiglia de Feis dei conti di Piossasco. Entrò nella Certosa di Chiusa Pesio e cercò sempre di vivere nascosto al mondo; tanto che di lui quasi non rimane che una lapide, nella Certosa, con vaghe generalità.
Fu procuratore per gli interessi del monastero.
Sentendosi venir meno, mentre era in una cascina del monastero, venne tentato fortemente contro la fede. Allora avrebbe esclamato: “Credo tutto quello che crede la Chiesa!”. La tentazione svanì.
Ed egli con volto sorridente concluse: “Vittoria! Trionfo!”. E così dicendo esalò lo spirito.
Ricordato come Beato nel Martirologio Certosino, era festeggiato il 30 giugno.
Oggi 30 giugno, celebrando la ricorrenza della sua morte, la mia attenzione si sofferma su questo poco noto personaggio, il beato Ambrogio de Feis.
Premesso che di questo pio certosino si hanno scarne notizie, intendo per completezza annoverarvelo tra i santi ed i beati che l’Ordine certosino ha donato alla Chiesa.
Ambrogio fu nativo di Bene Vagienna, in provincia di Cuneo in Piemonte, ed apparteneva alla nobile e ricca famiglia de Feis di Piossasco. Dopo aver studiato ed in possesso di una profonda vocazione, egli entrò nella certosa di Pesio, laddove visse una vita monastica molto rigida, volta al nascondimento nell’intimo della cella alla ricerca dell’essenza di Dio.
Nonostante il suo carattere schivo e taciturno, si sa che fu nominato procuratore al fine di curare gli affari esterni al monastero.
Sono solo queste le notizie che abbiamo di lui, né data di nascita né attività particolari oltre quelle descritte, resta a suo ricordo una antica lapide all’interno della chiesa della certosa di Pesio, e la testimonianza scritta da colui che lo assistette in punto di morte.
Il 30 giugno del 1540, Ambrogio recatosi, per via del suo incarico, nella vicina grangia di Tetti di Pesio entrando in una cascina ebbe uno svenimento venendo tentato contro la sua profonda Fede. In quel momento, ci narra il testimone di questo accadimento, un camaldolese di nome Bruno che lo assistette nel trapasso, Padre Ambrogio esclamò: “Credo in tutto quello che crede la Chiesa!”, la tentazione svanì ed egli soavemente con volto sorridente esalò il suo ultimo respiro gridando: “Vittoria! Trionfo!”.
Egli venne ricordato nel Martirologio certosino, e festeggiato il 30 giugno, voglia questo breve articolo rinnovare la sua memoria.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Ambrogio de Feis, pregate per noi.

*Santi Andronico e Giunia di Roma - Sposi, discepoli di San Paolo (30 Giugno)
I secolo
Salutati dall'apostolo Paolo nella lettera ai Romani.
Li chiama "miei parenti e compagni di prigionia; sono degli apostoli insigni che erano in Cristo già prima di me" (Rm 16, 7).
Sarebbero due coniugi giudeo-cristiani che per il loro zelo meritarono di essere chiamati con il titolo di "apostoli".
Andronico e Giunia vivevano a Roma verso l’anno 58 d.C., quando l’apostolo Paolo li salutò
calorosamente nella Lettera ai Romani (Rom 16, 7) sogiungendo: “Sono miei parenti e compagni di prigionia, illustri tra gli apostoli, e fattisi cristiani prima di me”.
Il legame di parentela potrebbe essere effettivo oppure in senso più esteso come spesso accadeva in Oriente.
Come Paolo anch’essi erano di origine giudea e forse appartenenti alla stessa tribù di Beniamino, mentre la comune prigionia alluderebbe ad una delle molteplici occasioni in cui l’apostole delle genti soffrì ceppi e catene.
Definirli “illustri tra gli apostoli” costituisce una lode al loro zelo, esplicato in modo particolare tra i loro connazionali giudei presenti a Roma.
Andronico e Giunia erano cristiani della prima ora, convertitisi probabilmente già a Gerusalemme e poi trasferitisi a Roma.
Come si è visto sono assai scarse le informazioni sul loro conto contenute negli scritti paolini, ma la tradizione cristiana ha sopperito a tale carenza tramandando non poche leggende su questi misteriosi Santi.
Lo stesso nome di Giunia non è chiaro se sia il nome di un uomo, contrazione di Giuniano, o di una donna, in questo caso sorella o piuttosto moglie di Andronico, come infatti ipotizzarono il Crisostomo e molti altri studiosi più recenti.
Andronico e Giunia sarebbero allora una coppia di coniugi giudeo-cristiani, proprio come Aquila e Priscilla citati poco prima da San Paolo, che per il loro zelo meritarono l’appellativo di “apostoli”. Secondo Ippolito di Roma, Andronico sarebbe stato uno dei settanta discepoli inviati da Gesù, poi vescovo in Pannonia, mentre il “Catalogus virorum apostolicorum” lo vuole vescovo in Spagna.
Andronico e Giunia, mai inseriti nel Martyrologium Romanum, sono festeggiati dalla Chiesa greca al 30 giugno insieme a tutti i Santi del Nuovo Testamento.

(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Andronico e Giunia di Roma, pregate per noi.

*Beato Antonio di San Pietro - Laico Mercedario (30 Giugno)
+ 1618

Laico converso del convento mercedario di Sant’Anna in Genova, il Beato Antonio di San Pietro, fu celebre per la condotta illibata, ammirevole pazienza e penitenza, di celeste preghiera e di spirito profetico.
Dopo aver operato molti miracoli morì santamente nell’anno 1618.
L’Ordine lo festeggia il 30 luglio.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Antonio di San Pietro, pregate per noi.

*Beato Antonio Tremoulières - Mercedario (30 Giugno)

+ agosto 1577
Provinciale dell’Ordine Mercedario di Francia, il Beato Antonio de Tremoulières, era anche commendatore del convento di Santa Maria in Tolosa.
Nel capitolo celebrato a Barcellona il 6 novembre 1575 venne eletto come Maestro Generale dell’Ordine ma tale elezione non fu confermata dal Papa, anche se lui ne era degnissimo, perché non erano ancora state confermate le decisioni di ridurre il generalato ad un periodo di sei anni.
Fu famosissimo per la santità della vita e luminoso per i miracoli compiuti; morì nell’agosto del 1577 nel convento di Tolosa ed il Signore lo collocò fra i suoi eletti nella patria celeste.
L’Ordine lo festeggia il 30 giugno.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Antonio Tremoulières, pregate per noi.

*San Basilide di Alessandria - Soldato e Martire (30 Giugno)

Alessandria † 202 ca.
È il patrono degli agenti di custodia. Durante la persecuzione di Settimio Severo (193-211), Origine, filosofo e teologo cristiano istruì alcuni pagani alla fede cristiana.
Tra questi c'era Basilide, soldato addetto a scortare i condannati al luogo del supplizio. Durante le persecuzioni fu arrestata anche Potamiena, vergine cristiana, che già aveva dovuto respingere molti pretendenti.
Fu subito condannata a morte e affidata a Basilide, che la difese dagli attacchi degli scalmanati. Potamiena gli promise che avrebbe pregato per la sua salvezza.
Assieme a lei fu uccisa anche la madre Marcella.
Dopo pochi giorni Basilide fu invitato a fare un giuramento davanti agli idoli, ma si rifiutò, dichiarandosi cristiano. Condotto dal giudice, fu messo in carcere.
Tre giorni dopo il martirio, gli era apparsa una notte Potamiena, che gli aveva posto sulla testa una corona, dicendogli che aveva implorato per lui la Grazia per la sua salvezza, che era stata esaudita e che quindi fra poco sarebbe venuta a prenderlo.
Basilide fu battezzato nella stessa prigione e il giorno dopo venne decapitato. (Avvenire)

Patronato: Agenti di custodia
Martirologio Romano: Ad Alessandria d’Egitto, San Basílide, che, sotto l’imperatore Settimio Severo, avendo cercato di proteggere dagli insulti di uomini volgari la Santa vergine Potamiena che stava conducendo al supplizio, ricevette il compenso di questo suo pietoso servizio: convertito infatti a Cristo dalle preghiere di lei, dopo un breve combattimento, divenne martire glorioso.
Lo storico Eusebio vescovo di Cesarea (265-340) narra che durante la persecuzione di Settimio Severo (193-211), mentre i catechisti della Scuola di Alessandria si erano dispersi, Origine filosofo
e teologo cristiano (185-254) allora diciassettenne, contattato da alcuni pagani desiderosi della verità, cominciò ad istruirli nella fede cristiana, con un ardore e dottrina tanto inusuali, in un giovane di quella età, che se ne diffuse la fama, accorrendo ad ascoltarlo anche pagani colti e perfino filosofi.
Tutti questi neo cristiani, spiccarono, in quei tempi di persecuzione, per la loro fede in Cristo e molti subirono anche il martirio.
Fra questi Eusebio ne cita sette, soffermandosi nel descrivere ampiamente l’ultimo, il soldato Basilide, intrecciando la sua storia con quella della vergine Potamiena e della di lei madre Marcella.
Basilide era un soldato addetto a scortare i condannati al luogo del supplizio; aveva assistito ad alcune lezioni di Origene, riportandone ammirazione e profonda simpatia per il cristianesimo e per i cristiani, ma non aveva ancora deciso di ricevere il Battesimo.
Il preside Aquila fra i tanti, fece arrestare anche Potamiena vergine cristiana di rara bellezza e virtù, che già aveva dovuto respingere molti pretendenti; la quale sopportò orribili torture, non cedendo alle richieste di abiurare la fede, allora il giudice la minacciò di lasciarla violare dai gladiatori, ma lei senza lasciarsi prendere dal panico, rispose con nobili parole e fierezza, da suscitare la meraviglia dello stesso giudice.
Fu subito condannata a morte e affidata a Basilide per accompagnarla al supplizio, lungo il percorso la plebaglia cercava di oltraggiarla pesantemente e Basilide la proteggeva respingendo coraggiosamente gli scalmanati, dimostrandole simpatia e compassione.
Colpita dal contegno insolito del soldato, Potamiena gli promise che avrebbe pregato per la sua salvezza, quando avrebbe raggiunto Dio; poi sopportò eroicamente il martirio, venne cosparsa di pece bollente su tutto il corpo, morendo tra atroci sofferenze, insieme a lei fu uccisa anche la madre Marcella.
Dopo pochi giorni Basilide fu invitato a fare un giuramento davanti agli idoli, ma fra lo stupore di tutti i suoi commilitoni, egli si rifiutò, dichiarandosi cristiano, finché non fu condotto davanti al giudice.
Dopo la sua conferma, fu messo in carcere; a chi gli faceva visita in prigione, raccontava che tre giorni dopo il martirio, gli era apparsa una notte Potamiena, che gli aveva posto sulla testa una corona, dicendogli che aveva implorato per lui la Grazia per la sua salvezza, che era stata esaudita e che quindi fra poco sarebbe venuta a prenderlo.
Basilide fu battezzato nella stessa prigione e il giorno dopo venne decapitato (202 ca.).
I martiri Basilide, Potamiena, Marcella e gli altri sei discepoli di Origene sono commemorati nel ‘Martirologio Geronimiano’ al 28 giugno. Mentre il “Martirologio Romano” commemora il solo Basilide al 30 giugno.
L’episodio dell’intercessione di Potamiena presso Dio per Basilide, narrato da Eusebio, costituisce uno dei primi documenti della fede della Chiesa dei primi secoli, riguardo l’intercessione dei Santi.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Basilide di Alessandria, pregate per noi.

*Beato Basilio (Vasyl) Velyckovskyj - Vescovo e Martire (30 Giugno)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati 25 Martiri Greco-Cattolici Ucraini”  

Stanislaviv, Ucraina, 1 giugno 1903 - Winnipeg, Canada, 30 giugno 1973
Il Beato ucraino Vasyl Vsevolod Velychkovskyj, dopo essere passato sotto indicibili persecuzioni, morì settantenne a Winnipeg in Canada nel 1973.
Apparentemente di morte naturale; in realtà l'autopsia stabilì che il decesso era avvenuto per una dose di veleno a lento effetto, somministrata al vescovo prima della partenza per l'esilio, nel 1972.
Si concluse così la sua odissea. Nato nel 1903, aveva combattuto 15enne la guerra di indipendenza nazionale.
Divenuto poi prete tra i Redentoristi, gli toccò combatterne un'altra contro il comunismo.
La sua fama tra il popolo era tale che a lungo il regime non lo toccò.
Ma nel 1945 fu arrestato e condannato alla fucilazione.
La pena gli fu commutata in 10 anni di lager, al termine dei quali tornò a Leopoli, dove operò in clandestinità.
Così come in segreto, in una camera d'albergo, venne consacrato vescovo, nel 1963.
Espulso, dopo una visita alla sorella in Jugoslavia e una tappa a Roma, dove fu ricevuto da Paolo VI, si avviò a un esilio impossibile. (Avvenire)

Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Winnipeg nello Stato di Manitoba in Canada, Beato Basilio Velyčkovskyj, vescovo della Chiesa greco-cattolica di Ucraina e martire, che, per aver esercitato clandestinamente il suo ministero tra i cristiani cattolici di Rito bizantino patì molto in patria da parte dei persecutori della fede e morì in esilio, associato al sacrificio di Cristo.
Vasyl Velychkovskyj nacque il 1° giugno 1903 a Stanislaviv (odierna Ivano-Frankivsk) in Ucraina.
All’età di soli quindici anni partecipò alla guerra di indipendenza ucraina (1918-1919), al termine della quale entrò nel seminario di Lviv (Leopoli).
Dopo aver ricevuto il diaconato, entrò nella Congregazione del Santissimo Redentore.
Conferitagli poi 9 ottobre 1925 l’ordinazione presbiterale, si dedicò anima e corpo per oltre vent’anni alle missioni tra la gente semplice dei villaggi e delle città, non solo nell’Ucraina Occidentale.
La sua intensa e fervida azione apostolica favorì la conversione al cattolicesimo di molti laici ed alcuni sacerdoti ortodossi.
Proseguì imperterrito la sua attività anche durante la prima occupazione sovietica, tra il settembre 1939 ed il giugno 1941.
Tanto era grande la fama di Vasyl Velychkovskyj presso il popolo che il governo non osava toccarlo.
L’11 aprile 1945, però, venne infine arrestato insieme a tutta la gerarchia greco-cattolica. Il lungo processo si svolse a Kiev e durò quasi due anni, alla fine fu condannato alla fucilazione.
Nei tre mesi in attesa dell’esecuzione si dedicò alla cura pastorale dei compagni di prigionia e la pena gli venne poi commutata in dieci anni di carcere.
Sul finire dell’autunno 1945 iniziò dunque per lui un lungo periodo di lavori forzati in diversi lager, ma ciò nonostante continuò in segreto a celebrare quotidianamente la liturgia.
I dieci anni di vita nei lager compromisero seriamente la sua salute, ma egli riuscì comunque a sopravvivere e, liberato nel 1955, fece ritorno a Lviv, dove continuò a svolgere clandestinamente l’attività pastorale.
Nel 1959 ricevette dalla Santa Sede la nomina a “Vescovo della Chiesa del silenzio”, ma il perdurare della persecuzione permise la consacrazione episcopale solo nel 1963, a Mosca, in una camera d’albergo.
Il 2 gennaio 1969 fu nuovamente arrestato e condannato a tre anni di reclusione, ma dopo alcuni mesi fu già rilasciato in quanto soffriva gravemente di cuore.
Arrestato ancora una volta, dopo la liberazione avvenuta il 27 gennaio 1972 le autorità sovietiche non gli permisero di fare ritorno a Lviv, bensì gli proposero di recarsi dalla sorella residente in Jugoslavia.
Da lei soggiornò per breve tempo, poi si recò a Roma dove l’8 aprile 1972 fu ricevuto da Paolo VI.
Infine il 15 giugno 1972 andò a Winnipeg in Canada, dove morì il 30 giugno 1973, all’età di settant’anni.
Un testimone rese pubblico che, dopo la sua morte, i medici provarono che il vescovo era stata somministrata una sostanza velenosa a lento effetto prima della sua partenza per la Jugoslavia, affinché la morte potesse risultare naturale.
Vasyl Velychkovskyj fu beatificato da Giovanni Paolo II il 27 giugno 2001, insieme con altre 24 vittime del regime sovietico di nazionalità ucraina

(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Basilio (Vasyl) Velyckovskyj, pregate per noi.

*San Bertrando (Berticranno) - Vescovo di Le Mans (30 Giugno)

m. 623 circa
Martirologio Romano:
A Le Mans nel territorio della Neustria, sempre in Francia, San Berticranno, vescovo, pastore di pace e premuroso verso i poveri e i monaci.
Figlio di un ricco proprietario franco della regione di Rouen, Bertrando (Bertigranno, Berteranno, Bertecranno) ricevette la tonsura a Tours, ma fu ordinato prete a Parigi, dove San Germano lo volle arcidiacono.
Nel 586, alla morte di Badegisilo, il re Gontrano volle che egli fosse nominato vescovo di Le Mans. Bertrando, appena insediato, dimostrò le sue qualità di amministratore rintuzzando le pretese della vedova del suo antecessore, la quale con molta asprezza e tenacia reclamava come eredità personale i beni che Badegisilo aveva ricevuto per la sua Chiesa.
Gontrano, nel 587-88, gli affidò un'ambasciata in Bretagna, dopo l'attacco della regione di Nantes da parte dei principi bretoni Varoco e Vidimaclo. Nel 589-90 fu tra i vescovi incaricati di riportare la pace nel monastero di Santa Croce di Poitiers, dove era avvenuta una rivolta. Alla morte di Gontrano (593) egli prestò giuramento a Clotario II e seguì le diverse fortune di questo re.
Vinto nel 600 dalle truppe di suo cugino Teodeberto, re dell'Austrasia, Clotario fu costretto ad abbandonare al rivale tutto il territorio che possedeva tra la Loira e la Senna, incluso quello di Le Mans. Bertrando fu spogliato dei suoi beni, messo in prigione, esiliato due volte (596-97 e 600-604): ebbe il dolore di vedere l'intruso Bertegisilo usurpargli il trono episcopale. «Poiché ero legato dai mio giuramento», scrive egli stesso, «così da non poter infrangerlo, ho abbandonato volentieri la santa Chiesa di Le Mans con tutti i miei beni piuttosto che venir convinto di spergiuro».
Ma, nel 613, Clotario II fu riconosciuto re di tutta la Francia e anche il vescovo di Le Mans rientrò nella sua sede.
Bertrando seppe fare buon uso delle grandi ricchezze di cui, per famiglia e per generosità di re Clotario, era proprietario: fondò il monastero canonicale dei SS. Pietro e Paolo (La Couture) e la basilica di Santa Croce; eresse il monastero di San Germano di Parigi e l'annessa basilica; fece costruire, o restaurò, l'ospizio di San Martino di Pontlieue.
Nel 614, il Santo vescovo assistette al concilio di Parigi; il 26 marzo 616 dettò al notaio Ebbone il suo testamento, uno dei documenti più interessanti e preziosi dell'età merovingia.
Bertrando morì il 30 giugno intorno al 623 e fu seppellito nella basilica dei SS. Pietro e Paolo. La sua festa, già celebrata nel dies natalis, è fissata oggi al 3 luglio.
La diocesi di Laval ricorda il santo al 30 giugno mentre a Parigi lo si festeggia il 9 luglio.
Due chiese gli sono consacrate in diocesi di Le Mans, dove anche si conserva un'antica stoffa detta «il sudario di San Bertrando».

(Autore: Jean-Pierre Vandamme  - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Bertrando, pregate per noi.

*Santa Erentrude - Badessa (30 Giugno)

m. 718 circa
San Ruperto le diede l'incarico del monastero di Nonnberg in Austria.
Come badessa, introdusse la regolarità monastica, privilegiando la vita di orazione, della quale era un esempio.

Martirologio Romano: A Salisburgo nell’antica Baviera, ora in Austria, Santa Erentrude, prima badessa del monastero di Nonnberg e nipote di San Ruperto, la cui predicazione sostenne con la preghiera e le opere.
Nata probabilmente nella Francia occidentale, venne chiamata a Salisburgo dal vescovo San Ruperto,
suo zio che la fece badessa del monastero di monache da lui fondato nella parte orientale del Monchsberg.
Collaborò ai lavori apostolici del vescovo con la preghiera e prendendo cura dell'educazione della gioventù femminile.
Morì poco dopo San Ruperto, il 30 giugno del 718 ca.
Il culto a lei reso è molto antico a Salisburgo, ma non aveva una grande diffusione; traslazioni di reliquie ebbero luogo nel 1023 e nel 1624; parti della testa si conservano in un prezioso reliquiario del 1316; le altre reliquie sotto l'altare del coro del monastero; il sarcofago in pietra, vuoto, si trova ancora nella cripta di Sant'Erentrude.
Nel 1924 vennero esaminate le reliquie e, fra di esse, si trovò una ciocca di capelli biondi che, al dire della perita dott. Hella Poch di Vienna, non potevano appartenere a una persona del sud o del centro della Germania:
le ossa rivelarono una statura piccola e l'età venne stimata, sulla base di un dente conservatosi, a non più di cinquantacinque anni.
Se ne fa memoria in due date, 30 giugno e 4 settembre.

(Autore: Alfonso M. Zimmermann)
Iconografia
Non molto numerose le raffigurazioni della Santa e per lo più limitate all'area del luogo di culto.
Nella decorazione della cattedra (XV sec.) e del cassone argenteo (1676) del convento di Nonnberg, come pure nell'incisione di R. Sadeler (Bavaria Sancta, XVIII sec), Santa Erentrude appare nelle vesti di badessa con il bastone abbaziale.
Talvolta reca in mano il modello del monastero di Nonnberg, posto sotto il suo patronato (statua del XV sec. nel portale della chiesa di Nonnberg, Salisburgo).

(Autore: Francesco Negri Arnoldi - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Erentrude, pregate per noi.

*Beato Filippo Powell - Sacerdote Benedettino, Martire (30 Giugno)

Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati Martiri di Inghilterra, Galles e Scozia” Beatificati nel 1886-1895-1929-1987”

Trallong, Inghilterra, 2 febbraio 1594 - Londra, Inghilterra, 30 giugno 1646
Martirologio Romano:
A Londra in Inghilterra, Beato Filippo Powell, sacerdote dell’Ordine di San Benedetto e martire, che, originario del Galles, arrestato su una nave durante il regno di Carlo I perché cercava di entrare in Inghilterra come sacerdote, fu condotto sul patibolo a Tyburn.
Appartenente ad un'antica famiglia gallese, il Powell nacque a Trallong, nel Brecknockshire, il 2 febbraio 1594, da Ruggero e da Caterina Morgan. Ricevuta la prima istruzione nella scuola di Abergavenny, fu mandato, sedicenne, dai suoi genitori a studiar legge nel Tempio a Londra, sotto la
disciplina del celebre avvocato David Baker, che, fattosi poi benedettino, si rese ancor più famoso come padre Agostino.
Inviato dal suo maestro per affari in Fiandra, il Powell venne quivi a contatto con i Benedettini inglesi del monastero di San Gregorio a Douai, sentendosi ben presto attratto verso la vita religiosa, per cui chiese di essere ammesso nell'Ordine.
Nel 1614 entrò, infatti, nel Collegio benedettino di Douai, facendovi grandi progressi in virtù e dottrina, sotto la guida del famoso Leandro di S. Martino, e ricevendo nel 1618 l'ordinazione sacerdotale.
Il 7 marzo 1622 lasciò il Collegio di Douai per le missioni inglesi, andando a risiedere a Londra ospite dell'antico maestro Baker, con il quale si fermò sedici mesi, dopo di che fu inviato dallo stesso Baker ad abitare presso la famiglia cattolica dei Risdon a Bableigh, nella contea di Devon. Di qui passò nel 1624 a Leighland nel Somersetshire, presso una figlia dei Risdon maritata Poyntz, dove rimase per oltre venti anni in qualità di cappellano, esercitando anche con molto profitto il suo ministero tra la popolazione di quella contea, che dovette tuttavia lasciare nel 1645, allo scoppio della guerra civile.
Ritornato nel Devon, fu ospite per qualche tempo successivamente del suo vecchio amico John Trevelyan di Yarnscombe e di un tal John Coffin di Parkham, quindi fu per sei mesi cappellano nell'esercito del generale Goring in Cornovaglia, ma, dopo la disfatta di questi, s'imbarcò per il Galles, venendo tuttavia catturato con tutta la nave, il 22 febbraio 1646, dal viceammiraglio Crowder, seguace del Parlamento. Riconosciuto come sacerdote, fu tenuto prigioniero a bordo per undici settimane, quindi venne condotto nel South-wark e rinchiuso nelle prigioni di Santa Caterina.
Trasferito in seguito nella King's Bench di Londra, si comportò sempre amabilmente con tutti, attirandosi le simpatie dei suoi medesimi compagni di sventura, sei dei quali riusci anche a riconciliare con la Chiesa.
Processato a West-minster Hall, venne condannato alla pena capitale, nonostante che avesse fatto notare come non era più ammissibile essere condannati per tradimento contro il re dopo che lo stesso Parlamento era insorto armato contro il proprio sovrano; fu impiccato e squartato il 30 giugno 1646, ultima vittima cattolica del regno di Carlo I.
Per speciale istanza presentata dal Common Council di Londra al Parlamento, i tronconi del corpo del martire non furono esposti alle porte della città, ma vennero subito sepolti nel vecchio cimitero di Moorfields. Una dettagliata esposizione dell'esecuzione del Powell si può leggere nella Relation du martyre de Philippe Powell., autrement dit le pére Morgan, religieux bénédictin, stampata a Parigi nel 1647.

(Autore: Niccolò Del Re – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Filippo Powell, pregate per noi.

*Beato Gennaro Maria Sarnelli - Redentorista (30 Giugno)

Napoli, 12 settembre 1702 - Napoli, 30 giugno 1744
Nasce a Napoli il 12 settembre 1702 da Angelo, barone di Ciorani. Nel 1722 si laurea in diritto canonico e civile ed esercita l'avvocatura fino al 1728.
In questi anni conosce un altro avvocato: Alfonso Maria de' Liguori. Ancora laico si associa al gruppo che gravita intorno a Sant'Alfonso.
Nel 1728 lascia la professione di avvocato, nel 1732 è sacerdote. Nello stesso anno de' Liguori fonda la nuova Congregazione del Santissimo Redentore (Redentoristi); Gennaro Sarnelli lo raggiunge un anno dopo ed insieme intraprendono una serie di missioni in tutta la Costiera Amalfitana e nei paesi dell'entroterra.
Nel 1736 rientra a Napoli, dove si dedica all'evangelizzazione tra le prostitute.
Si adopera inoltre per l'assistenza religiosa e materiale ai «facchinelli», minori sfruttati per il lavoro. Dal 1741 organizza una missione permanente nei sobborghi di Napoli.
Muore a 41 anni, il 30 giugno 1744 a Napoli e viene sepolto nella parrocchia di Santa Maria dell'Aiuto.
Verrà poi traslato nella casa madre dei redentoristi. Giovanni Paolo II l'ha proclamato Beato il 12 maggio 1996. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Napoli, Beato Gennaro Maria Sarnelli, sacerdote della Congregazione del Santissimo Redentore, che si adoperò attivamente per l’assistenza ad ogni categoria di bisognosi.
Altro grande santo redentorista che sale agli onori degli altari; nacque a Napoli il 12 settembre 1702 da Angelo, barone di Ciorani, nel palazzo del duca Zapata, vicinissimo al Palazzo reale.
Nel 1722 si laureò in diritto canonico e civile ed esercitò l’avvocatura fino al 1728, in questi anni di professione conobbe un altro avvocato, il grande Sant' Alfonso Maria de’ Liguori; si distinse per
fervore religioso e per l’assistenza assidua ai poveri degli ospedali napoletani, specie in quello denominato degli “Incurabili”.
Ancora laico si associò al gruppo che gravitava intorno a s. Alfonso, nell’animazione delle “Cappelle serotine”, assemblee popolari di preghiera e di formazione religiosa.
Nel 1728 lasciò la professione di avvocato ed entrò nel seminario diocesano, venendo ordinato sacerdote l’8 giugno 1732; intanto Sant'Alfonso il 9 novembre di quello stesso anno, fondò a Scala vicino Amalfi e Ravello, la nuova Congregazione del Santissimo Redentore (Redentoristi); Gennaro Sarnelli lo raggiunse un anno dopo ed insieme intrapresero una serie di missioni in tutta la Costiera Amalfitana (la Divina Costiera) e nei paesi dell’entroterra.
Ma nel 1736 di comune accordo, ritornò a Napoli, dove intraprese una lotta gigantesca per la redenzione delle meretrici, vera piaga della Napoli di allora, ne convertì moltissime, sistemandole con onesti matrimoni, spesso dandole una dote, collocandole presso famiglie sicure o chiudendole in conservatori; per le incorreggibili ottenne una disposizione dal re Carlo III, che le limitava in alcuni sobborghi della città.
Per quest’opera meritevole, fu minacciato varie volte di morte da quanti sfruttavano le povere donne, ma egli non desistette, dichiarando: “Che si sarebbe chiamato fortunato se, per quest’opera di tanta gloria di Dio, avesse perduto anche la vita”.
Si adoperò inoltre per l’assistenza religiosa e materiale ai “facchinelli”, ragazzi sfruttati per il lavoro minorile, piaga continua delle necessità del Meridione.
D’accordo con Sant'Alfonso, organizzò a partire dal 1741, una missione permanente nei sobborghi di Napoli, raccogliendo un successo incredibile, al punto che il Papa Benedetto XIV, in una sua lettera diretta ai vescovi del Regno di Napoli, ne raccomandava l’organizzazione in tutte le altre diocesi.
Fu scrittore fecondo, le sue numerose opere letterarie e di spiritualità, costituiscono una bibliografia di tutto rispetto, l’ ”Opera omnia” dei suoi scritti è uscita stampata in Napoli in 14 volumi dal 1848 al 1851.
Morì prematuramente a 41 anni, il 30 giugno 1744 a Napoli, fu sepolto nella parrocchia di S. Maria dell’Aiuto; poi in seguito traslato nella chiesa redentorista di Ciorani nel salernitano, casa madre della Congregazione liguorina.
Sant' Alfonso, che come si sa, visse a lungo, ne scrisse la biografia chiamandolo “gran servo del Signore” e che fu già pronta il 17 luglio di quello stesso anno.
Gennaro Maria Sarnelli fu per la Chiesa di Napoli uno dei suoi uomini apostolici più illustri; per i redentoristi, il gemello e l’emulo del fondatore. Papa Giovanni Paolo II, l’ha beatificato il 12 maggio del 1996.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Gennaro Maria Sarnelli, pregate per noi.

*San Ladislao - Re d'Ungheria (30 Giugno)

1031 - 30 luglio 1096
Etimologia:
Ladislao = signore, che governa glorioso, dal polacco),
Martirologio Romano: A Nitra sull’omonimo fiume presso i monti Carpazi, nell’odierna Slovacchia, transito di San Ladislao, che, re di Ungheria, durante il suo regno ristabilì le leggi cristiane introdotte da Santo Stefano, riformando i costumi e dando lui stesso esempio di virtù; si adoperò con zelo nel propagare la fede cristiana nella Croazia, unita al regno di Ungheria, istituendo la sede episcopale a Zagabria.
Morì mentre muoveva guerra ai Boemi e il suo corpo fu poi deposto a Oradea in Transilvania.
Ladislao, figlio di Bela, re d’Ungheria, nacque l’anno 1031, ma essendo il trono elettivo non aveva alcun diritto alla successione.
Ben presto però le bellissime qualità e la integerrima sua vita gli meritarono l’elezione a re e un governo secondo il cuore e il volere di Dio.
Appena ebbe nelle sue mani le redini del potere si diede con meravigliosa alacrità a ripurgare tutta la legislazione, riformare i costumi, rinnovare tribunali, rialzare la pubblica moralità,
calpestata da ogni classe di cittadini.
L’intento che guidava il Santo monarca era quello di fare che la religione divenisse cardine della legislazione e base di tutto il benessere sociale.
Per questo lottò, combatté, soffrì, ma alla fine trionfò, rendendo il suo popolo profondamente cristiano e degno di essere additato a modello di ogni altro.
Era casto, pietoso, informato ai precetti evangelici; detestava l’avarizia, l’ambizione e stimava perduto quel giorno nel quale non avesse fatto del bene, o impedito del male.
La sobrietà che usava nei cibi e nelle bevande facevano stupire i suoi cortigiani che si domandavano come mai il loro re, benché gli venissero preparati prelibatissimi pranzi, rinunziasse a tutto cibandosi spesso di legumi e bevendo acqua pura.
Sempre occupato a disimpegnare le cose dello stato, trovava tuttavia le ore per le preghiere e per le buone letture; nella sua grande carità non cessava di abbellire chiese, sollevare le miserie della sua nazione, proscrivendo i trasgressori delle leggi senza accettazione di persone.
La giustizia, l’imparzialità, l’intransigenza e una titanica volontà unite all’amore evangelico, resero Ladislao modello di re.
Riparò nel suo regno i guasti causati dalle innumerevoli ribellioni e da molte eresie, formando un popolo unito nella fede, sottomesso in tutto alla Sede Apostolica, popolo che assieme al suo re, rimase d’indelebile memoria ai posteri.
Intanto i Turchi, orgogliosi della conquista dei luoghi santi, minacciavano l’Europa e opprimevano crudelmente i fedeli caduti nelle loro mani.
Dall’Europa fu lanciato il grido della liberazione dei fratelli, e i principi che pronti risposero all’eco non tardarono ad allestire eserciti a questo nobile fine.
Anche il re Ladislao preparò le sue milizie, e già tutto era pronto quando cadde repentinamente ammalato.
Subito gli furono prodigate le cure da parte dei medici del caso, ma egli sapendo che la divina misericordia ormai lo voleva al cielo, si munì dei conforti spirituali della Chiesa.
Contento di avere combattuto e sofferto per la causa di Dio, con l’anima tranquilla, con gli occhi fissi al cielo placidamente spirava il 30 luglio dell’anno 1096.

(Autore: Antonio Galuzzi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Ladislao, pregate per noi.

*Santa Lucina - Martire, Venerata a Rosate (30 Giugno)  

Il corpo santo di Santa Lucina, probabile martire dei primi secoli dell’era cristiana, è venerato nella chiesa di Santo Stefano a Rosate, nell’Arcidiocesi di Milano, presso l’altare del Crocifisso. Un’altra reliquia, proveniente dal medesimo corpo, è venerata nella chiesa di Santa Lucina a Cortereggio di S. Giorgio Canavese (TO).
I resti mortali di questa probabile martire, provenienti dalle Catacombe di San Sebastiano sulla Via Appia a Roma, furono estratti nel 1621 con l’autorizzazione di papa Gregorio XV e consegnati a Massa Lubrense. Nel ventesimo secolo, il vescovo di Sorrento, sotto la cui giurisdizione cade Massa Lubrense, li donò al cardinal Alfredo Ildefonso Schuster, Arcivescovo di Milano, particolarmente interessato all’archeologia sacra e al culto dei martiri (Beato dal 1996).
In occasione dell’anno giubilare straordinario della Redenzione 1933, Schuster decise di donare ad alcune comunità della sua vasta Arcidiocesi alcune reliquie di martiri, che egli stesso considerava «strumento per rinnovare la fede». Santa Lucina, quindi, toccò all’antica parrocchia di Santo Stefano in Rosate, vicino Milano.
Il 12 febbraio 1933 fu l’Arcivescovo in persona a guidare la processione che avrebbe accompagnato le reliquie nella loro nuova destinazione. Inizialmente inserite in una capsella di stagno accompagnata dai sigilli del vescovo di Sorrento, vennero poi ricomposte, per decisione del prevosto parroco don Gaetano Orsenigo, in una statua di cera, inserita in un’urna di bronzo e cristallo, che sarebbe stata ospitata nella cappella del Crocifisso al termine dei necessari restauri della stessa.
Il 17 luglio 1933 si procedette alla ricognizione e al trattamento conservativo delle ossa rinvenute: la mandibola con dodici denti molto consumati; una tibia sinistra; due femori sinistri (evidentemente non appartenuti alla stessa persona); due ossa del metatarso o forse del metacarpo; un piccolo osso del carpo; una vertebra cervicale; una falange dell’alluce; numerosi frammenti ossei provenienti dalle costole e dalla calotta cranica.
È stato accertato che dal medesimo corpo santo è stata estratta un’altra reliquia, conservata presso la chiesa di Santa Lucina a Cortereggio di San Giorgio Canavese (TO).
Compatrona di Rosate, santa Lucina viene ricordata il 30 giugno; a Cortereggio, invece, la prima domenica di luglio.
Il cardinal Schuster ipotizzava che si trattasse dell’omonima matrona di Roma, discepola degli apostoli e collaboratrice di Papa Marcello, ma non c’è sicurezza a riguardo.

(Autore: Emilia Flocchini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Lucina Martire, pregate per noi.

*San Marziale di Limoges - Vescovo e Confessore (30 Giugno)

sec. III
Emblema:
Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Limoges in Aquitania, in Francia, San Marziale, vescovo.
San Marziale viene tradizionalmente considerato l'evangelizzatore del Limosino, avvenuta all'incirca nel III secolo.
L'antroponimo del santo indica che si trattava di un orientale, probabilmente proveniente dall'Asia Minore.
A partire dall'epoca carolingia, i monaci dell'abbazia fondata sulla tomba del santo vissero e prosperarono grazie ai doni dei pellegrini e dei devoti.
Non mancarono, perciò, di sviluppare e amplificare i troppo scarni dati storici che si riferivano a San Marziale. A tal fine composero una Vita sancti Martialis, senza dubbio nel corso del IX secolo, detta Vita antiqua.
Essa, piuttosto sobriamente, descrive san Marziale come l'evangelizzatore dell'Aquitania, inviato da San Pietro stesso, collocando così, per la prima volta, il santo nel I secolo. Il più antico manoscritto noto di questo testo è conservato a Karlsruhe e fu copiato entro il 846.
Il testo rappresenta un insieme di residui di racconti agiografici orali. La Vita prolixior I, l'evoluzione successiva della leggenda agiografica, fu senza dubbio redatta dopo l'ostensione delle spoglie del santo patrono di Limoges organizzata nel 994 per scongiurare il Male degli Ardenti e rafforzare la propaganda per la Pace di Dio proclamata allora per la prima volta. Mai pubblicata, ci è giunta in una copia mutila, scritta in una mano databile fra il 980 ed il 1040; si tratta di uno scritto in latino rustico, con ortografia incerta e numerosi errori corretti secondariamente.
Il testo venne quindi raffinato nella forma e nella lingua: diventò del tutto simile alla versione ultima, ma san Marziale rimase tuttavia confessor. Si conoscono almeno quattro copie di questa seconda versione della Vita prolixior; furono eseguite nell' XI° secolo, e testimoniano una rapida diffusione del testo. Nemmeno questa versione è mai stata pubblicata.
Una terza versione è attestata nel 1029, e si tratta precisamente della versione apostolica, nella quale san Marziale viene esplicitamente nominato come apostolus.
Vista la concorrenza del pellegrinaggio a Santiago di Compostella, Ademaro di Chabannes, storico rinomato e figura intellettuale di spicco, creò ed inaugurò una nuova liturgia apostolica dedicata al santo, nel
periodo 1027-1028. Tutto fa pensare che Ademaro, nella creazione del suo falso agiografico, ebbe l'appoggio non solo dei monaci, ma anche del duca e del suo vescovo.
Il tentativo di accreditare e far adottare la liturgia apostolica e la Vita prolixior III fu portato avanti durante la seconda ondata di concilii per la Pace, che ebbe una intensità particolare a Limoges. Esistono a tutt'oggi circa cento manoscritti contenenti questa versione della Vita prolixior, i quali testimoniano un'attività dei copisti estesa per circa cinque secoli.
Fu stabilito di inaugurare la nuova liturgia apostolica nel giorno dell'anniversario della dedicazione, ad opera di Marziale, della cattedrale di santo Stefano, il 3 agosto 1029.
Era anche il giorno in cui Marziale era diventato vescovo, 970 anni prima. Il priore Benedetto, nipote dell'abate del monastero di San Michele della Chiusa in Piemonte, intervenne però durante la cerimonia, rovinandone completamente la solennità. Benedetto, secondo il resoconto di Ademaro stesso, parlando in volgare anziché in latino per farsi meglio intendere dalla folla, denunciò la nuova liturgia apostolica come un'offesa alla chiesa, e proseguì dichiarando che la menzogna perpetrata dai monaci era un sacrilegio ed un'eresia.
La folla rustica acclamò Benedetto rumoreggiando che avrebbe preferito "che Marziale fosse il primo dei confessori piuttosto che l'ultimo degli apostoli".
Si suppone che l'azione di Benedetto fosse l'espressione di una corrente di ecclesiastici, probabilmente dei monasteri vicini, che si sarebbero certamente avvantaggiati di uno scandalo nel potente monastero limosino. La mattina successiva Ademaro lasciò Limoges, pieno di vergogna. Nei cinque anni successivi Ademaro si dedicò alla creazione di numerosi falsi: inserì riferimenti all'apostolo Marziale nella copia di sua mano delle Lettere Decretali dello Pseudo-Isidoro; preparò un editto, attribuibile al suo superiore, l'arcivescovo Aimone di Bourges, che sosteneva l'apostolicità di Marziale.
Inoltre, i suoi sermoni sono pieni di riferimenti all'apostolo Marziale e a molti dei Padri, sia orientali che occidentali, che confermano l'apostolicità di Maziale e l'autenticità della Vita. Nel 1031, in occasione dei concilii di Bourges e di Limoges, ai quali Ademaro partecipò, egli stilò addirittura una falsa lettera di Papa Giovanni XIX, con la quale si notifocava a tutti i vescovi delle Gallie, che si poteva attribuire e san Marziale il titolo di apostolus, e che inoltre gli si dedicava un altare nella basilica di San Pietro a Roma.
I suoi sforzi furono coronati dal concilio di Bourges del 1031, conclusosi con una drammatica cerimonia di anatema su coloro che si opponessero al nuovo apostolo.
In tale occasione anche l'abate di San Michele della Chiusa, Benedetto II, zio del priore Benedetto di cui sopra, si pronunciò in favore dell'apostolicità; ma nel Limosino, alla fine del secolo XI, molti ancora non accettavano questa versione.
Ademaro di Chabannes morì nel corso di un pellegrinaggio in Terra Santa, nel 1034, lasciando alla biblioteca del monastero di Limoges un corpus di scritti tale da convincere fino al XX secolo storici e studiosi dell'apostolicità di San Marziale.
San Marziale è venerato anche in Italia, a Colle di Val d'Elsa, dove egli operò il primo miracolo e la prima evangelizzazione. Si può ipotizzare che San Marziale, patrono di Limoges, rientri nella categoria dei Santi "importati" dai pellegrini franchi e che la tradizione del suo passaggio per Colle sia sorta in seguito, aggiungendo la storia del suo primo miracolo colligiano a quella dell'evangelizzazione dell'Aquitania.

(Autore: Domizia Parri – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Marziale di Limoges, pregate per noi.

*Sant'Ottone di Bamberga - Vescovo (30 Giugno)

Ottone nacque a Mistelbach, in Franconia, nel 1062, ai tempi della «lotta per le investiture», aspro sostenuta dai Papi contro Enrico IV, e, dopo di lui, contro il successore Enrico V, ambedue scomunicati. Proprio Enrico IV, che molto lo stimava, aveva nominato Ottone vescovo di Bamberga.
Dopo la morte dell'imperatore, egli scese a Roma dove il Papa Pasquale Il gli conferì il pallio, confermandolo quindi vescovo di Bamberga.
Si ebbe così il caso singolare di un vescovo legittimo per la Chiesa e ben accetto all'Imperatore. Gli sforzi di Ottone contribuirono così alla definizione di un Concordato tra Chiesa e Impero, stipulato nella famosa Dieta di Worms, nel 1122.
Quando Boleslao, re di Polonia, conquistò la Pomerania, chiamò ad evangelizzare il «padre dei monaci», Ottone.
Partito con venti sacerdoti battezzò ventimila pagani, convertì sette città e fondò altre undici chiese. In una di queste città, i pagani gli tesero un'imboscata. Assalito nottetempo fu lasciato esanime. Morì di lì a breve a Bamberga, nel 1139. (Avvenire)

Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Bamberg in Franconia, nell’odierna Germania, sant’Ottone, vescovo, che si dedicò con fervore all’evangelizzazione della Pomerania. Ottone nacque a Mistelbach, in Franconia, nel 1062, ai tempi della «lotta per le investiture», aspro sostenuta dai Papi contro Enrico IV, e, dopo di lui, contro il successore Enrico V, ambedue scomunicati.
Otto (in ted.) nacque in Svevia nell’anno 1062 da una nobile ma non ricca famiglia, insieme al fratello Federico passò in Polonia dove aprirono una scuola e insegnarono; fu poi alla corte di Wladislaw duca di Polonia.
Verso il 1090 entrò al servizio dell’imperatore Enrico IV, interessandosi attivamente alla costruzione della chiesa di S. Maria e S. Giovanni, iniziata qualche generazione prima.
L’11 giugno 1102, morì il vescovo di Bamberga, Roberto ed Enrico IV nominò Ottone vescovo della città, vinte le perplessità dello stesso, furono inviati ambasciatori a Roma dal Papa Pasquale II, affinché confermasse la nomina, come era regola in quell’epoca.
Per essere però consacrato vescovo, passarono alcuni anni, nel 1105 fu eletto dalla Dieta di Magonza ambasciatore presso il Papa per impetrare la pace, nelle divergenze che contrapponevano l’impero con il papato; nel suo viaggio dalla Germania a Roma, fu catturato nelle valli del Tirolo, dal conte Alberto, vassallo contrario alla pacificazione, venne poi liberato per l’intervento di Guelfo duca di Baviera.
Giunse a Roma il 13 maggio 1106, giorno dell’Ascensione, proseguendo poi per Anagni, dove risiedeva il papa, per ricevere la solenne consacrazione a vescovo, nel giorno di Pentecoste.
Nella sua azione pastorale nella diocesi di Bamberga si distinse per la riforma del clero e per l’instaurazione della disciplina tra secolari e regolari, vigilò sulla libertà ecclesiastica; nella lotta per le investiture, ormai dilagante fra il papato e l’impero, Ottone conservò la sua unione con Roma.
Fu chiamato “Padre dei monaci”, perché promosse attivamente la fondazione di 15 grandi cenobi e di altri sei monasteri minori, di 14 chiese e di sei castelli. La sua azione si estese oltre che nella diocesi di Bamberga, anche in quelle vicine, come Würzburg, Ratisbona, Passavia, Eichstätt, fino ad Aquileia; promosse la Riforma dei Certosini e dei Premostratensi, convocò vari Sinodi.
Nel 1124 inviato da Boleslao, duca di Polonia, tenne delle missioni in Pomerania, regione dell’Europa Centrale, abitata dagli Slavi pagani, insieme ad una ventina di chierici e numerosi fedeli, operando conversioni e fondando chiese; ritornò nella zona nel 1128 dopo la reazione pagana e con spirito di fede e di pace, rinnovò la sua missione, diffondendo il Cristianesimo.
Morì a Bamberga il 30 giugno 1139 in fama di santità, fu riconosciuto Santo 50 anni dopo da Papa Clemente III; il suo corpo si venera nella chiesa di San Michele.
La sua festa si celebra a Bamberga il 30 settembre, in Pomerania il 1° ottobre, ma il “Martirologio Romano” lo riporta al 2 luglio.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Ottone di Bamberga, pregate per noi.

*San Pietro di Asti - Contadino (30 Giugno)

Emblema: Barile
Le più antiche notizie sul nostro Santo risalgono alla metà del sec. XVII e sono contenute negli Acta Sanctorum.
Da esse appare che in Asti esisteva una chiesa eretta in onore di un santo locale, di nome Pietro, confessore, vissuto – sembra – nel sec. XI.

Il Santo veniva rappresentato con un badile in mano, non si sa bene se per indicare il suo mestiere di contadino o per ricordare il miracolo dell’acqua da lui trovata mediante uno scavo fatto in un luogo arido, allo scopo di assicurare l’approviggionamento idrico ad un monastero femminile di recente costruzione.
Le sue reliquie si troverebbero nella chiesa a lui dedicata in Asti e la sua festa ricorre il 30 giugno.
Forse il nostro Pietro d’Asti non è altri che il benefattore della chiesa, venerato di culto locale e popolare; tuttavia la mancanza di notizie più antiche e la vicinanza della sua festa con quella dell’apostolo San Pietro, potrebbe far sorgere il sospetto che il primitivo titolare della chiesa di San Pietro d’Asti altri non sia che l’apostolo.

(Autore: Antonio Rimoldi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Pietro di Asti, pregate per noi.

*Santi Primi Martiri della Santa Chiesa di Roma - Martiri (30 Giugno)
sec. I, dall'anno 64
La Chiesa celebra oggi molti cristiani che, come attesta Papa Clemente, furono trucidati nei giardini vaticani da Nerone dopo l'incendio di Roma (luglio 64).
Anche lo storico romano Tacito nei suoi Annali dice: 'alcuni ricoperti di pelle di belve furono lasciati sbranare dai cani, altri furono crocifissi, ad altri fu appiccato il fuoco al termine del giorno in modo che servissero di illuminazione notturna'. (Mess. Rom.)

Emblema: Palma
Martirologio Romano: Santi protomartiri della Santa Chiesa di Roma, che accusati dell’incendio della Città furono per ordine dell’imperatore Nerone crudelmente uccisi con supplizi diversi: alcuni, infatti, furono esposti ai cani coperti da pelli di animali e ne vennero dilani
L'odierna celebrazione introdotta dal nuovo calendario romano universale si riferisce ai protomartiri della Chiesa di Roma, vittime della persecuzione di Nerone in seguito all'incendio di Roma, avvenuto il 19 luglio del 64.
Perché Nerone perseguitò i cristiani?
Ce lo dice Cornelio Tacito nel XV libro degli Annales: "Siccome circolavano voci che l'incendio di Roma fosse stato doloso, Nerone presentò come colpevoli, punendoli con pene ricercatissime, coloro che, odiati per le loro abominazioni, erano chiamati dal volgo cristiani".
Ai tempi di Nerone, a Roma, accanto alla comunità ebraica, viveva quella esigua e pacifica dei cristiani. Su questi, poco conosciuti, circolavano voci calunniose.
Nerone scaricò su di loro, condannandoli ad efferati supplizi, le accuse a lui rivolte.
Del resto le idee professate dai cristiani erano di aperta sfida agli dei pagani gelosi e vendicativi... "I pagani - ricorderà più tardi Tertulliano - attribuiscono ai cristiani ogni pubblica calamità, ogni flagello.
Se le acque del Tevere escono dagli argini e invadono la città, se al contrario il Nilo non rigonfia e non inonda i campi, se vi è siccità, carestia, peste, terremoto, è tutta colpa dei cristiani, che disprezzano gli dei, e da tutte le parti si grida: i cristiani ai leoni".
Nerone ebbe la responsabilità di aver dato il via all'assurda ostilità del popolo romano, peraltro molto tollerante in materia religiosa, nei confronti dei cristiani: la ferocia con la quale colpì i presunti incendiari non trova neppure la giustificazione del supremo interesse dell'impero.
Episodi orrendi come quello delle fiaccole umane, cosparse di pece e fatte ardere nei giardini del colle Oppio, o come quello di donne e bambini vestiti con pelle di animali e lasciati in balia delle bestie feroci nel circo, furono tali da destare un senso di pietà e di orrore nello stesso popolo romano.
"Allora - scrive ancora Tacito - si manifestò un sentimento di pietà, pur trattandosi di gente meritevole dei più esemplari castighi, perché si vedeva che erano eliminati non per il bene pubblico, ma per soddisfare la crudeltà di un individuo", Nerone.
La persecuzione non si arrestò a quella fatale estate del 64, ma si prolungò fino al 67.
Tra i martiri più illustri vi furono il principe degli apostoli, crocifisso nel circo neroniano, dove sorge la basilica di San Pietro, e l'apostolo dei gentili, San Paolo, decapitato alle Acque Salvie e sepolto lungo la via Ostiense.
Dopo la festività congiunta dei due apostoli, il nuovo calendario vuole appunto celebrare la memoria dei numerosi martiri che non poterono avere un posto peculiare nella liturgia.

(Autore: Piero Bargellini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Primi Martiri della Santa Chiesa di Roma, pregate per noi.

*Santi Raimondo Li Quanzhen e Pietro Li Quanhui - Martiri (30 Giugno)

Martirologio Romano: Nel territorio di Chendun presso Jaohe nella provincia dello Hebei in Cina, Santi Raimondo Li Quanzhen e Pietro Li Quanhui, martiri, che, fratelli, durante la persecuzione scatenata dai seguaci della setta dei Boxer, diedero una insigne testimonianza per Cristo: il primo, infatti, condotto in un tempio pagano, si rifiutò di venerare falsi dèi e morì così sotto i colpi delle percosse; l’altro fu ucciso con non minore crudeltà.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Raimondo Li Quanzhen e Pietro Li Quanhui, pregate per noi.

*San Teobaldo di Provins - Sacerdote ed Eremita (30 Giugno)
1017 – Vicenza, 1066
Patronato:
Carbonai e conciatori
Etimologia: Teobaldo = forte capitano, dal greco
Martirologio Romano: A Salaníca in provincia di Vicenza, San Teobaldo, sacerdote ed eremita, che, nato dai conti di Champagne in Francia, insieme all’amico Gualterio preferì a onori e ricchezze le peregrinazioni per Cristo, la povertà e la solitudine.
Teobaldo (in francese Thibaud) fu figlio del conte Arnolfo dello Champagne. Sin da giovane si dedicò alla lettura delle vite dei padri del deserto, rimanendo assai impressionato e particolarmente attratto da alcuni aspetti della vita di San Giovanni Battista, San Paolo Eremita, Sant’Antonio e Sant’Arsenio: la rinuncia a sé stessi, lo spirito di contemplazione e la purezza della loro vita.
Teobaldo desiderava ardentemente divenire loro degno emulo e quando suo padre, convinto che suo figlio conducesse una vita simile a quella di tutti i nobili suoi coetanei, gli propose di guidare un gruppo di soldati in una guerra locale, ma egli garbatamente gli rispose di aver fatto voto di abbandonare la vita mondana.
Il conte Arnolfo si trovò un po’ spiazzato da questa scelta, ma alla fine acconsentì e Teobaldo in compagnia del suo amico Gualtiero entrò nell’abbazia di Saint-Rémi a Reims e qui si spogliò di ogni sua ricchezza e mondanità. Vestiti come mendicanti, i due presero a vagare nel nord della Francia sino a giungere nella foresta di Petting, oggi in territorio lussemburghese, ove trovarono un luogo solitario. Edificarono dunque due piccole celle ed iniziarono a camminare scalzi, soggetti a freddo, caldo, fame e fatica.
Il lavoro manuale è pur sempre un ingrediente necessario in una vita ascetica o penitenziale, ma non essendo i due eremiti abili nell’intrecciare ceste o stuoie si recavano allora nei villaggi vicini
offrendosi per qualsiasi lavoro disponibile: coltivazione dei campi, carico e scarico dei carri, pulizia delle stalle, trasporto di pietre e cemento per i muratori, spingevano il mantice e producevano il carbone per le fucine. Di giorno dunque lavoravano con le mani, ma i loro cuori erano comunque immersi nella preghiera, mentre la notte erano soliti cantare l’Ufficio divino.
Come talvolta accade a chi conduce una vita solitaria e dedita a Dio, per la fama di santità che si erano guadagnati molti iniziarono a far loro visita e disturbare la loro quiete. Avrebbero allora desiderato potersi trasferire in Terra Santa, ma ciò non fu possibile a causa della presenza dei saraceni.
Si recarono allora in pellegrinaggio prima a San Giacomo di Compostella e poi a Roma, nonché in altri santuari italiani. Si stabilirono infine presso una cappella in rovina nella remota e boscosa località di Satanico, nei pressi di Vicenza. Dopo due anni Gualtiero morì e Teobaldo, temendo di non avere anch’egli ancora molto tempo da vivere, permise ad un gruppo di discepoli di unirsi a lui.
Il vescovo di Vicenza gli conferì l’ordinazione presbiterale in modo che potesse meglio guidare la sua comunità. Le sue gesta divennero talmente celebri da giungere sino alla sua terra natia ed ai suoi genitori, che invano per anni lo avevano cercato. In un’occasione a Treveri Teobaldo aveva in realtà avvistato suo padre, ormai piegato dagli anni, ma evitò di farsi riconoscere onde evitare ulteriori incomprensioni.
Ora il padre e la madre, seppur molto anziani, si misero in viaggio per l’Italia per poter finalmente rivedere il loro figlio: lo trovarono pallido ed emaciato, indebolito dalla sua vita austera, ma felici che fosse ancora vivo e dedito ad una vita santa. Sua mamma Gisella, con il consenso del marito, trascorse il resto della sua vita a Salanico da anacoreta e per lei venne costruita una cella nei pressi della comunità maschile.
Teobaldo, però, fu ben presto colpito da un morbo doloroso e repellente, forse lebbra o uno di quei malanni che nel Medio Evo venivano così denominati.
Egli sopportò la malattia con estrema pazienza. Poco prima della morte chiese all’abate di una comunità camaldolese dalla quale aveva già ricevuto l’abito ed emise la professione nelle sue mani, raccomandandogli sua madre ed i suoi discepoli. Ricevuto il viatico, morì in pace nel 1066.
Dopo soli sette anni il pontefice Alessandro II lo canonizzò. Il Santo è venerato quale protettore dei carbonai e dei conciatori.

(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Teobaldo di Provins, pregate per noi.

*San Vincenzo Yen (Do-Yen) - Domenicano - Martire nel Tonchino (30 Giugno)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
Santi Martiri Vietnamiti "Andrea Dung Lac e 116 compagni" (24 novembre)

Nam Dinh, 1764 - 30 giugno 1838
Martirologio Romano:
Nella città di Hải Dương nel Tonchino, ora Viet Nam, San Vincenzo Đỗ Yến, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori e martire, che morì decapitato sotto l’imperatore Minh Mạng in odio alla fede cristiana.
Yen nacque in una famiglia cristiana nel villaggio di Tra-Lu della prefettura di Nam Dinh, nell’anno 1764, al battesimo cristiano gli fu dato anche il nome di Vincenzo, come era consuetudine missionaria a quell’epoca.
Appena giovane entrò nella “Casa di Dio”, una forma di seminario locale, venendo consacrato sacerdote nel 1798 dal Beato Ignazio Delgado, Vicario Apostolico nel Tonchino Orientale.

Nel 1798 venne emanata una persecuzione contro i cristiani da parte di Canh-Thinh, che proseguì anche nel 1799, quando Dô-Yên venne catturato e messo in carcere con la gogna al collo; grazie alla somma di denaro offerta dai suoi fedeli ai mandarini, dopo un mese venne liberato.
Volendo raggiungere una maggiore perfezione, volle fare la professione nell’Ordine dei Predicatori, il 22 luglio 1808, come figlio del convento di Manila; testimonianze reali lo descrissero come uomo dotato di meravigliosa dolcezza di carattere; misericordioso senza limiti; portatore di singolare bellezza, indole angelica riflessa nella nobiltà del fisico e nella bellezza del volto.
Yen (Dô-Yên) risiedeva nel villaggio di Ke Sat ove reggeva l’importante parrocchia con una
fiorente comunità cristiana e là venne sorpreso dalla persecuzione di Minh Mang, il quale con l’editto del 1832, obbligava i cristiani del luogo a distruggere con le loro mani, la chiesa e la casa della Missione.
I fedeli di Ke Sat dopo la distruzione, ospitarono segretamente nelle loro case il domenicano, per oltre sei anni. Nel Tonchino Orientale non si era giunti a spargimenti di sangue, finché il terribile Minh Mang nel 1837, non strigliò con rimproveri, il governatore Trinh Quang Khanh, perché troppo tiepido con i cristiani, per cui questi infuriato si prefisse di stroncare il Cristianesimo.
A febbraio 1838, i mandarini cominciarono ad aggirarsi con i soldati, per tutta la provincia; giunta la notizia di una prossima rappresaglia contro il villaggio per aver ospitato il padre domenicano, questi decise per evitare sofferenze alla popolazione, di fuggire a Buong.
Ma qui, tratto in inganno, venne denunciato da un pagano, così l’8 giugno del 1838 venne catturato, messo in catene e gogna e trasferito a Hai Duong capitale della provincia. L’11 giugno fu interrogato dai giudici e gli fu suggerito dal suo amico il medico Han, di dichiararsi dottore invece che sacerdote per aver salva la vita; ma Yen rifiutò non volendo accettare la grazia al prezzo di menzogna e rinnegando il suo stato di consacrato.
Indeciso, il governatore chiese al re, se poteva spostare il prigioniero nella provincia meridionale, di cui il padre domenicano era originario; il re invece stabilì il 20 giugno 1838, che “la testa di Dô-Yên sia tagliata, non v’è motivo di consegnarlo alla provincia meridionale”.
Trascorse in carcere dieci giorni, più libero dalle catene, assistito dal medico Han suo amico e ricevendo i fedeli ammessi alla visita. Il 30 giugno 1838, arrivò l’ordine dell’esecuzione e il vecchio domenicano con un sorriso sul bel volto, si avviò al supplizio con gioia, costituendo l’ammirazione di quanti lungo il percorso, assistevano al passaggio.
Arrivato sul luogo prescelto si stese su una stuoia con un cuscino, preparata dai fedeli e dopo una fervorosa preghiera, porse la testa al carnefice che con il primo colpo di spada, la fece rimbalzare lontano.
Le sue vesti e tutto quel sangue fu raccolto devotamente dai fedeli; il corpo fu sepolto sotto il pavimento della distrutta chiesa di Tho Ninh; aveva 74 anni.
Fu beatificato da Papa Leone XIII il 27 maggio 1900 e canonizzato da Giovanni Paolo II il 19 giugno 1988. Festa il 30 giugno.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Vincenzo Do Yen, pregate per noi.

*Beato Zenone (Zynovij) Kovalyk - Sacerdote e Martire (30 Giugno)
Ivatsciv Horiscnij, Ucraina, 18 agosto 1903 – Lviv (Leopoli), Ucraina, giugno 1941
Zynovij Kovalyk nacque nel 1903 a Ivatsciv Horiscnij, in Ucraina. Entrò nella Congregazione del Santissimo e, ordinato sacerdote nel 1932, svolse l'apostolato missionario tra gli ortodossi in Volynia.
Nella notte del 20 dicembre 1940 fu arrestato e incarcerato dai bolscevichi a Lviv dove, in 6 mesi, subì ventotto brutali interrogatori. Quando la città fu liberata dalle truppe tedesche nelle prigioni fu rinvenuta una massa di cadaveri massacrati con i segni delle torture subite.
L'avanzato stato di decomposizione non permise ai confratelli di riconoscere il corpo di padre Kovalyk. Secondo alcuni testimoni del processo di beatificazione, il religioso fu crocifisso ad una parete della prigione, mentre invecedai documenti ufficiali delle autorità sovietiche risulta che fu fucilato insieme agli altri prigionieri nel giugno del 1941.
Zynovij Kovalyk fu beatificato da Giovanni Paolo II il 27 giugno 2001, insieme con altre 24 vittime del regime sovietico di nazionalità ucraina. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Leopoli in Ucraina, commemorazione del Beato Zenone Kovalyk, sacerdote della Congregazione del Santissimo Redentore e martire, che, sotto un regime ateo, in un giorno sconosciuto di questo mese meritò di conseguire la palma del martirio.
Zynovij Kovalyk nacque il 18 agosto 1903 a Ivatsciv Horiscnij, nei pressi di Ternopil in Ucraina.  Entrò nella Congregazione del Santissimo Redentore ed il 28 agosto 1926 emise i voti religiosi.
Completati gli studi filosofici e teologici in Belgio, ricevette l’ordinazione presbiterale il 9 agosto 1932.
Da quell’anno svolse l’apostolato missionario tra gli ortodossi in Volynia.
Prima del 1939 fu inviato a Lviv, ove ricoprì la carica di economo della sua comunità religiosa, nonchè della metropolia di Lviv.
Fu inoltre assiduo confessore e celebre predicatore.
Zynovij Kovalyk fu arrestato dai bolscevichi nella notte del 20 dicembre 1940 ed incarcerato in una prigione di Lviv.
Durante i sei mesi di detenzione subì ben ventotto brutali interrogatori.
Quando, il 29 giugno 1941, la città di Lviv fu liberata dalle truppe tedesche e vennero aperte le prigioni, in una di esse, quella di Bryghidky, fu rinvenuta una massa di cadaveri massacrati con i segni delle torture subite.
L’avanzato stato di decomposizione non permise purtroppo ai confratelli di ritrovare il corpo di Padre Kovalyk.
Secondo alcuni testimoni del processo di beatificazione, il religioso fu crocifisso alla parete del corridoio della prigione, mentre invece dai documenti ufficiali delle autorità sovietiche risulta che fu fucilato insieme agli altri prigionieri nel giugno del 1941.
Zynovij Kovalyk fu beatificato da Giovanni Paolo II il 27 giugno 2001, insieme con altre 24 vittime del regime sovietico di nazionalità ucraina, ed il Martyrologium Romanum lo commemora in data 30 giugno.

(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Zenone Kovalyk, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (30 Giugno)

*Sant'Emiliana - Martire
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